Montappone, quando è il caso di dire “tanto di cappello”…

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Le fiabe senza un castello cominciano zoppe.
Chi vuol incantare un bimbo con la narrazione di qualcosa di epico non può fare a meno di una ambientazione adeguata. Chi, come su questo blog, vuole affascinare il lettore e stimolarne la fantasia, può solo garantire che può valer la pena arrivare alla fine del racconto.
Siamo in piena campagna, su colline dove gli odori della terra prevalgono sull’aria di mare che incornicia l’orizzonte. Siamo nelle Marche.
E’ qui che un ardimentoso giovane contadino chiede in sposa ad un vecchio re (immancabile in qualunque favola si rispetti) l’affascinante figliola. Si narra di un colloquio serrato in cui l’amore per la ragazza non trova sponda nelle ricchezze necessarie per aspirare a maritarla: il re che chiede oro e gioielli, il giovanotto che spiega di non averne né di aver modo di cercarli se non abbandonando i campi che con sacrificio coltiva, il re che lo incoraggia spiegando che si è ricchi di quel che si ha e lo rispedisce a casa sperando – forse per istintiva simpatia – che il pretendente si ingegni e si ripresenti…
montappone_01 Destinati i chicchi di grano alla loro naturale sorte (c’è chi riferisce di tre picchi, ma potevan bastare banali passeri, che beccano via il frutto delle spighe, c’è chi intravede la macina e poi il forno…), il ragazzotto coglie alcuni steli del frumento e prova ad immaginarne un utilizzo che non fosse quello del covone e del successivo “pavimento” delle stalle.
Ci gioca con le dita e, mentre rimugina sul da farsi, si accorge che l’involontario intreccio prende forme inattese e che forse vale la pena di continuare quel gioco nato spontaneamente. La fantasia e la manualità gli consentono di trasformare lo scarto della mietitura in un qualcosa di inaspettato. Quando si accorge di aver “plasmato” una corona, corre al castello che non c’è e si presenta al re mostrando la sua imprevedibile creazione.
Siccome certe leggende si chiudono con il fatidico “vissero felici e contenti”, l’intraprendente sposò la bellissima fanciulla e la dinamica di tale conquista segnò il viatico dei coetanei di quella zona che – auspicando analoga fortuna – cominciarono ad intrecciare steli di grano e a creare i copricapo più ingegnosi e vivaci.
montappone_02 La mancanza di castelli e soprattutto di re con figlie da portare all’altare non ha interrotto il perfezionarsi di simile abilità.
Siamo a Montetappone, in provincia di Fermo.
Sovrani e principesse con lo scorrere dei secoli sono passati di moda, ma la capacità di fabbricar cappelli non è venuta meno. Anzi, con il trascorrere degli anni, quel reame che non c’era ha preso dimensione tramutando un’area contadina in un feudo artigianale invidiato da tutto il mondo.
A metà strada tra i Monti Sibillini e l’Adriatico, alla fine del XIX Secolo e proprio recuperando lo scarto della mietitura, inizia il processo industriale della fabbricazione dei cappelli. Si comincia con quelli di paglia per arrivare oggi all’utilizzo di vere e proprie opere d’arte realizzate con qualunque tessuto.
DSC_0731 Il piccolo borgo presenta numeri significativi: 1800 abitanti, 45 aziende, 70% della produzione italiana di cappelli, 50% di quella europea.
Chi vuole curiosare non manca di occasioni: è il posto ideale per chi vuole fare shopping a prezzi contenuti (outlet e factory store – o spacci aziendali – possono inebriare anche i più parsimoniosi…) e per chi vuole scoprire le radici della tradizione del prodotto tipico.
montappone_05 Una tappa (mea culpa per la tautologia) a Montetappone è d’obbligo. E’ il Museo del Cappello, che permette di rivivere il magico percorso che va dalla raccolta della paglia, alla selezione, all’intrecciatura fino a giungere a cucitura e pressa che danno forma ai cappelli. Una rassegna materiale e multimediale descrive ogni fase della produzione ed esibisce pezzi straordinari come – ma è solo un esempio – l’ultimo esemplare indossato da Federico Fellini che della costa adriatica è stato eccelso cantore.
Ci si muove in una galleria di vecchie fotografie sbiadite dal tempo, di oggetti e trecce di paglia segnati dagli anni, di arnesi e macchinari di altre epoche. Si respira la maestria tramandata di padre in figlio e non si fatica ad immaginare la determinazione nel trasformare i campi di quella zona in qualcosa che potesse assicurare la vita anche fuori dalla stagione dei raccolti, magari non buttando nulla e anzi nobilitando quel che altri avrebbero potuto considerare un inutile scarto.
Un solo punto negativo. Il museo apre solo su prenotazione e quindi, se si mette in agenda una gita da quelle parti, occorre non dimenticare questo dettaglio ed è bene consultare il sito per scoprire tempi e modalità di visita.
Come sempre su AndandoVedendo, ecco la carta per non perdersi per strada…

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Umberto

 

5 pensieri su “Montappone, quando è il caso di dire “tanto di cappello”…

  1. sono stata nelle Marche proprio in questi giorni a vedere “Tipicità”, manifestazione bellissima, e avendo intenzione di tornarci l’anno prossimo non perderò l’occasione di fare un salto a Montappone
    Maria Luisa

  2. Le Marche sono favolose e il fatto di disporre di indicazioni guidate come quelle di questo blog semplifica la vita!
    Grazie per il suggerimento turistico e per le utili informazioni per arrivarci.
    Giorgio Corradini

  3. GRAZIE PER LE INDICAZIONI DEL MUSEO E DELL’OUTLET.
    GENIALE L’IDEA DELLA CARTINA ATTIVABILE DIRETTAMENTE CON LO SMARTPHONE.

  4. In questo caso il cappellaio non e matto. A Montappone, il distretto dei cappelli piu importante d’Europa e di fama mondiale, tanti artigiani continuano a produrre il famoso cappello “della mietitura”, un prodotto realizzato interamente a mano avvalendosi della paglia “jervicella”, particolare tipo di grano tipico delle colline del fermano. E l’azienda Sorbatti, dal 1922 e tre generazioni, porta avanti la tradizione di famiglia. Dall’idea alla realizzazione. L’ore iceria Qirat di Jesi, in una via conosciuta del centro storico come “via degli ore 40 ici”, nasconde nel retro il laboratorio storico, in attivita dal 1985. Tutte le creazioni sono prodotti artigianali: da un bozzetto gra- ico realizzato a mano prende vita l’idea iniziale, che acquisisce forma con la lavorazione e initura del monile.

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